Risorse sanitarie in tempo di crisi
La carenza di risorse sanitarie non è un problema limitato ai paesi poveri e in via di sviluppo.
A partire dalla primavera 2020, la pandemia da COVID-19 ha messo a dura prova anche i paesi ad alto reddito del mondo occidentale, contribuendo a infrangere ogni “comoda” certezza: l’Italia è stato il primo Paese europeo colpito dal virus e tra quelli con l’indice più alto di mortalità, in particolare nelle regioni del Nord Italia.
Com’è noto, la disponibilità di risorse sanitarie essenziali, compresi gli interventi salvavita ad alta tecnologia erogati nelle unità di terapia intensiva, è stata drammaticamente superata da una domanda senza precedenti: le capacità di accoglienza degli ospedali sono state sovraccaricate dalle incessanti richieste e i medici hanno spesso negato il ricovero ai pazienti che avevano un disperato bisogno di cure intensive.
Per supportare queste difficili decisioni durante l’emergenza pandemica, molte società scientifiche ed enti governativi come la Società Italiana di Anestesia e Terapia Intensiva (SIAARTI) hanno sviluppato linee guida sull’ingresso nelle terapie intensive (triage) dei pazienti che necessitavano di ventilazione meccanica e di altri trattamenti di supporto vitale.
Tuttavia, mentre i responsabili delle decisioni in queste regioni lottavano per aumentare le risorse disponibili, i medici delle unità di terapia intensiva sono stati abbandonati a sé stessi nel gestire il numero vertiginoso di richieste di ricovero, molte delle quali sarebbero state accolte in condizioni operative normali.
Inevitabile il dibattito in merito all’adozione dei criteri di selezione per il triage e alle implicazioni etiche: la mancanza di trasparenza dovuta all’emergenza non è compatibile con il concetto di giustizia dell’opinione pubblica.
Criteri clinici e non clinici per il triage
L’approccio più problematico al triage – sebbene in parte approvato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità – è l’uso di criteri di assegnazione non clinici (come l’età, il sesso, condizione e ruolo sociale, etnia, disabilità fisica e/o psicologica, nonché i costi), che sono in conflitto con i principi alla base della maggior parte dei sistemi legali e con i codici deontologici adottati dalle professioni sanitarie della maggior parte dei Paesi.
In sistemi sanitari come quello italiano – e di altri Paesi europei, dove l’accesso alle cure è basato su principi di universalità ed equità, i criteri clinici integrativi sono la soluzione preferita per definire l’eleggibilità per il ricovero in terapia intensiva in condizioni di crisi: tra questi, determinanti sono i fattori dell’età, della fragilità, e della presenza di altre patologie.
Va riscontrato che durante la pandemia, l’uso dell’età come criterio per l’accesso alle risorse di terapia intensiva in Italia ha suscitato proteste sia nel settore pubblico che in quello politico. Nella versione più recente delle raccomandazioni SIAARTI, approvata dall’Istituto Superiore di Sanità, l’utilizzo dell’età del paziente per definire le priorità delle richieste di ricovero in terapia intensiva è stato ridimensionato (scoraggiando l’uso di un limite di età predefinito).
Pianificare le risorse
In condizioni di pandemia, inoltre, la discussione sull’assegnazione di risorse alla Sanità Pubblica è un tema cruciale in ogni paese, specialmente riguardo le risorse di “primo ordine” (ovvero le politiche e i finanziamenti per la preparazione alle emergenze). Tuttavia, la preparazione e la pianificazione di queste non sono sufficienti quando la domanda supera nettamente l’offerta.
In questi casi, nonostante gli aumenti programmati di risorse destinate alla Salute sono necessarie anche misure straordinarie di “secondo ordine“, come le già citate procedure di triage di crisi per il ricovero in terapia intensiva, spesso in contrasto con i principi alla base della maggior parte dei sistemi legali e con i principi etici riconosciuti dagli operatori sanitari.
I dati in Italia
In Italia, tra il 2000 e il 2017, la spesa per il sistema sanitario privato è aumentata del 4%, contrariamente alla spesa per la sanità pubblica – erogata attraverso il Servizio Sanitario Nazionale – che è invece diminuita sensibilmente: a conti fatti parliamo di una diminuzione di 37 miliardi di euro del finanziamento pubblico del Servizio Sanitario Nazionale che ha posto la spesa sanitaria pro capite totale dell’Italia al di sotto della media OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico).
Le conseguenze? Riduzione del personale sanitario pubblico (tra cui 8.000 medici), e la carenza di posti letto per le terapie intensive; in Lombardia, la più colpita tra le regioni italiane, l’indice era di appena 3,74 posti letto per 100.000 abitanti.
Uno sguardo al futuro
Nella prospettiva di migliorare l’efficienza dei sistemi in un prossimo futuro, oltre ad analizzare a fondo i livelli decisionali coinvolti, è fondamentale che i decisori medici e politici adottino politiche chiare e trasparenti, riconoscendo onestamente la scarsità di risorse, per ricercarne le cause e per avviare un rinnovamento dei sistemi sanitari.
Appare inoltre fondamentale comprendere le procedure utilizzate per definire i criteri di triage. Gli attori coinvolti, come le società scientifiche, sono chiamati ad assumersi la responsabilità legale, sociale ed etica di questo compito, per fornire ai medici un riferimento concreto per scelte condivise e responsabili e offrire regole chiare ai pazienti, alle loro famiglie e alla società. In pratica, i medici in terapia intensiva devono essere in grado di dimostrare che il processo decisionale che li porta a fare una determinata scelta clinica è, in ogni fase del percorso, rigorosamente condotto, eticamente fondato e argomentabile.